L’esame consiste nella somministrazione di un radiofarmaco (chiamato anche radiotracciante) per via endovenosa, al fine di indagare le caratteristiche funzionali degli organi nei quali si localizza.
Questa tecnica di diagnostica medica implica l'esposizione a radiazioni ionizzanti e la dose totale di radiazione di solito è di circa 5–7 mSv.
Il radiofarmaco è costituito da un radio-isotopo tracciante con un breve tempo di dimezzamento (per questo motivo vengono prodotti da un ciclotrone posizionato nelle vicinanze dello scansionatore. Alcuni esempi sono 13N con ~10 min, 15O con ~2 min e 18F con ~110 min), legato chimicamente a una molecola metabolicamente attiva (vengono sfruttati composti normalmente assimilati dal corpo umano). Dopo che quest'ultimo raggiunge una determinata concentrazione nei tessuti organici interessati, l'isotopo decade ed emette un positrone (una particella di antimateria con carica elettrica +1, spin di 1/2 e stessa massa dell'elettrone) che si annichila con un elettrone, innescando la produzione di due fotoni gamma emessi in direzioni opposte tra loro con un'energia di 511 KeV ciascuno.
Successivamente questi fotoni raggiungono uno scintillatore, in grado di emettere luce quando viene attraversato da particelle cariche, dove creano un lampo luminoso rilevato attraverso tubi fotomoltiplicatori: solo i fotoni che raggiungono il rilevatore in coppia vengono considerati nella mappa rappresenta i tessuti in cui la molecola campione si è maggiormente concentrata.