Mark Sainsbury descrive un paradosso come "una conclusione apparentemente inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile".
Tutto iniziò quando Stephen William Hawking, dal 1973, Incominciò a considerare che un buco nero può emettere particelle, basandosi sulle leggi della meccanica quantistica.
Queste particelle si formano nello spazio vuoto che si trova immediatamente all'esterno della sfera di Schwarzschild e secondo il principio di indeterminazione, formulato da Werner Heisenberg nel 1926, anche lo spazio vuoto non potrà esserlo del tutto, perché altrimenti sarebbero ben determinati sia il valore dell'energia ivi contenuta che quello della sua rapidità di variazione.
Tutto iniziò quando Stephen William Hawking, dal 1973, Incominciò a considerare che un buco nero può emettere particelle, basandosi sulle leggi della meccanica quantistica.
Queste particelle si formano nello spazio vuoto che si trova immediatamente all'esterno della sfera di Schwarzschild e secondo il principio di indeterminazione, formulato da Werner Heisenberg nel 1926, anche lo spazio vuoto non potrà esserlo del tutto, perché altrimenti sarebbero ben determinati sia il valore dell'energia ivi contenuta che quello della sua rapidità di variazione.
Pertanto il vuoto appare perpetuamente percorso da fluttuazioni quantiche che nel vuoto si traducono nella formazione di coppie particella-antiparticella. La particella virtuale con energia negativa potrà esistere per un lasso di tempo brevissimo, durante il quale cercherà di annichilarsi. Inoltre, una particella situata in prossimità di una massa ha meno energia di quanta ne avrebbe a una grande distanza poiché deve cedere energia per allontanarsi dalla massa: il campo gravitazionale nei dintorni dell'orizzonte degli eventi è talmente intenso che persino una particella reale può avere energia negativa.
La particella generatasi insieme può allora sfuggire dal buco nero come una particella reale.
Quindi, più piccolo è il buco nero e più lo sarà il tragitto che la particella virtuale deve percorrere per divenire reale, aumentando la frequenza di emissione e la temperatura apparente.
E mentre un flusso di particelle di energia negativa penetra, riduce progressivamente la massa totale del buco nero. La temperatura di quest'ultimo è inversamente proporzionale alla sua massa, e di conseguenza un buco nero che evapora diventa più caldo, evaporando più in fretta.
Come risultato abbiamo una emissione di radiazione: le radiazioni di Hawking
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Come risultato abbiamo una emissione di radiazione: le radiazioni di Hawking
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Il processo è stato ricostruito in laboratorio a Como, illuminando con un laser un blocco di vetro con particolari caratteristiche ed ha riscontrato esiti positivi.
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Image source: http://www.treccani.it/ |
I risultati dei calcoli indicano che un buco nero può evaporare emettendo la radiazione di Hawking fino ad arrivare a una massa nulla, irradiando particelle casuali che trasportano un'informazione quasi nulla. Questa apparente perdita di informazione viola una proprietà fondamentale della meccanica quantistica, l'unitarietà.
Alcuni fisici, come l'americano John Preskill, continuarono a sostenere che doveva esistere una qualche via per riottenere l'informazione inghiottita dal buco nero. Dato che i calcoli che prevedono la radiazione di Hawking si basano sulla Gravitodinamica Semiclassica, non si sa se la perdita di informazione è un effetto spurio delle approssimazioni da essa usate, oppure una proprietà che rimarrà identica a sé stessa anche quando scopriremo come calcolare con precisione il processo tramite la Gravitodinamica Quantistica: se il processo di evaporazione distrugge l'informazione, le equazioni della Gravitodinamica Quantistica devono per forza violare la natura unitaria della meccanica quantistica come la conosciamo. Viceversa, se l'informazione si conserva e una teoria completa della Gravità Quantistica rivelerà dove è finita nella radiazione, allora sembra che o la relatività generale o la meccanica quantistica abbiano bisogno di modifiche.
In particolare, Joseph Polchinski del Kavli Institute for Theoretical Physics presso l’Università della California a Santa Barbara ha proposto che, sull'orizzonte degli eventi di un buco nero, le leggi della fisica non valgano più. Secondo lui deve esserci una discontinuità chiamata "firewall" che potrebbe essere la fine dello stesso spazio-tempo dove qualsiasi oggetto dovrebbe dissolversi nei suoi costituenti fondamentali. Il primo ragionamento per sostenere i firewall si basava sul complesso concetto di entanglement. Ma l’idea del firewall ha svelato un problema, ovvero l'incompatibilità tra la relatività generale e la meccanica quantistica.